Carpe Diem
Marzo 2020
Questo è il primo di una serie di articoli, storie e racconti dedicati a tutto ciò che, troppo spesso, viene tralasciato dai nostri divulgatori di informazione. I nostri telegiornali parlano molto di festival, contrasti politici e partitici, manifestazioni sportive e non, e dati economici. Ma non parlano abbastanza dei grandi scontri armati politici e sociali che si consumano tutti i giorni: guerre e conflitti occupano solo il 4% di attenzione nei tg nazionali.
L’informazione è il primo passo verso il cambiamento: questo è il nostro contributo. Se anche una sola persona si interessasse a conoscere l’umanità violata che ci circonda, sarebbe già un buon punto di partenza. Ma ogni individuo può e deve scegliere la causa che ritiene più nobile e urgente ed agire per essa.
GUERRA IN LIBIA
Di Arianna Roetta - 5U, Iman El Hachimi - 5U e Miriam Ninno - 5U
Mentre per gli stati sviluppati occidentali la guerra ha solo valore storico, lontano ricordo anche per i più anziani, non molto distante da noi la guerra non solo è presente, ma distrugge il futuro di milioni di persone.
Ciò che possiamo fare da casa nostra è renderci consapevoli del dramma che si consuma a poche migliaia di chilometri dalle nostre coste.
Le fasi del conflitto
2011: Scoppia una rivoluzione del popolo contro il regime. Gli stati occidentali intervengono e fanno cadere Gheddafi. La comunità internazionale non schiera forze di pace e stabilizzazione e la Libia, lasciata a sé stessa, cade nelle mani di numerose milizie armate.
2012: Avvengono le prime elezioni, ma con il tempo i partiti islamisti prendono il sopravvento.
2014: Il generale Haftar intraprende un’operazione militare per liberare la Libia dagli islamisti. Nel contempo le forze islamiste vengono sconfitte alle elezioni ma si ribellano. Il nuovo parlamento si rifugia a Tobruk, sostenuto dalle forze di Haftar. I partiti islamisti istituiscono un nuovo governo con sede a Tripoli. Il paese si spacca in due.
2015: L'ONU interviene formando un nuovo governo di unità nazionale per riconciliare le due fazioni. Nomina Sarraj, come primo ministro, e il suo governo viene riconosciuto dalla comunità internazionale. Il parlamento di Tobruk non lo riconosce e il paese rimane diviso. Inoltre nella parte desertica sono le varie tribù locali a comandare insieme all’Isis.
2019: Inizia l’ultima violenta fase in Aprile, quando il generale Haftar, a capo dell’esercito nazionale libico LNA, attacca Tripoli per conquistarla. Da allora i combattimenti continuano e la popolazione ne paga le conseguenze. Haftar, sostenuto militarmente e finanziariamente da Russia, Emirati Arabi, Egitto, Francia ed Arabia Saudita ha il controllo di quasi tutto il paese.
Nonostante il presidente Sarraj sia stato insediato per fondare un governo democratico, egli si è legato nel tempo a potenti milizie criminali. Turchia e Qatar forniscono armi e fondi (violando così l’Embargo di vendita e fornitura di armi alla Libia in vigore dal 2011 per il consiglio di sicurezza ONU) alle forze di Sarraj. In particolare, il 27 novembre 2019 Sarraj e il presidente turco Erdogan hanno firmato un Memorandum: l’accordo prevede 5000 uomini dell’esercito turco da schierare a Tripoli oltre ad armi pesanti e droni. Anche Gran Bretagna, Algeria ed Italia rientrano tra i sostenitori militari e finanziari di Sarraj.
Recenti sviluppi
Gennaio 2020: Erdogan (sostenitore di Sarraj) e Putin (sostenitore di Haftar) hanno dichiarato una tregua ma si è continuato a combattere.
19 gennaio: Si è tenuta a Berlino la conferenza sulla Libia per trovare una soluzione politica e risolvere il conflitto. Erano presenti Francia, Russia, Egitto, Italia, Turchia, USA, UK, Emirati Arabi, Cina, Repubblica del Congo, Algeria, UE, Lega Araba, Unione Africana, ONU. Sarraj e Haftar erano anch’essi a Berlino ma non hanno partecipato all’assemblea, pur ricevendo aggiornamenti costanti. La conferenza si è chiusa con una dichiarazione che impegna tutti gli stati a non interferire nel conflitto armato o negli affari interni della Libia e a rispettare l’embargo sulla vendita e fornitura di armi. Si impegnano anche a favorire il processo politico di democratizzazione.
Interessi economici internazionali in Libia
La Libia ha la più vasta riserva di petrolio in Africa ed è un Paese strategico nello sfruttamento delle risorse di gas naturale.
Poche ore prima della conferenza di Berlino, Haftar ha sfidato tutti dando istruzioni per fermare le esportazioni di petrolio (la produzione del petrolio libico si è abbassata da 1,2 milioni di barili al giorno a 70mila). Secondo l’ONU una simile mossa avrà conseguenze devastanti per il popolo libico (che dipende dal libero flusso di petrolio) e per l’economia del paese.
USA e UE stavano elaborando una soluzione per condannare la chiusura degli impianti petroliferi ma la Francia (alleata di Haftar) l’ha bloccata. L’Europa si è dimostrata ancora una volta spaccata sulla questione libica e quindi inefficace.
Distruzione e perdite
Mentre le potenze internazionali cercano di manipolare questa guerra per favorire i propri interessi, i civili ne fanno le spese. Infatti, nonostante il cessate il fuoco, l’ultima catastrofica fase della guerra continua da 11 mesi.
Secondo l’UNHCR (agenzia rifugiati dell’Unesco) sono circa 1 milione le persone in stato di necessità in Libia. Negli ultimi nove mesi si contano circa 2000 morti, di cui quasi 300 civili. I feriti sono migliaia e gli ospedali incapaci di gestire la situazione. Medicine e personale scarseggiano. Oltre 340mila libici hanno lasciato la propria casa e vivono nascosti all’interno del paese, spesso in edifici abbandonati. Secondo l’Unicef, da Aprile ad oggi, in 90mila sono stati costretti a fuggire dalla propria casa. Oltre 200 scuole sono state attaccate lasciando 200mila bambini senza educazione. Oltre 30 strutture sanitarie distrutte e 13 costrette a chiudere. Si contano oltre 350mila profughi interni.
A Tripoli, centro del conflitto tra forze governative e Haftar, nelle scuole il 50% dei bambini soffre di trauma (la scuola di Tripoli è stata bombardata tre volte). Il futuro di migliaia di bambini è seriamente compromesso.
Nelle università invece molti hanno lasciato gli studi per andare a combattere perché il governo non dava loro l’opportunità di studiare. Questo ha minato allo stesso modo il futuro della metà dei giovani libici.
Italia e Libia
Tra i governi che stanno seguendo con più attenzione gli sviluppi libici c’è quello italiano, che in Libia ha diversi interessi strategici ed economici.
Da un po’ di tempo il governo italiano, da sempre sostenitore di Serraj, ha cominciato a prendere posizioni sempre più ambigue. Questo atteggiamento si è visto per esempio nel Dicembre 2019 durante la visita in Libia del ministro degli Esteri italiano, Luigi di Maio, che ha incontrato sia Serraj che Haftar.
Riflessione
L’informazione è importante, forse la nostra unica arma. Ma la guerra (come la storia) non è fatta solo di numeri, date, luoghi, avvenimenti, armi o interessi economici. La guerra è prima di tutto persone, singoli, soggetti con un volto, un nome, una storia, una tragedia personale che può essere raccontata. Soprattutto oggi, grazie ai new media, la comunicazione può essere un vantaggio. Uno scambio di storie e persone che ci permette di risvegliare la compassione che condividiamo in quanto esseri umani.
Ecco a voi alcuni spunti per questo argomento:
- https://youtu.be/8-283o-m114
-https://www.instagram.com/p/B8rTSsaou_E/?igshid=1b2uxkfgyx2mw
-https://www.instagram.com/p/B7rGqdNIs7V/?igshid=1d0whuqiiftac
-https://www.instagram.com/p/B7Jh9aooKfK/?igshid=1jtg9exx8bvql
Vorremmo concludere con questa poesia che riguarda la guerra:
Gli uomini facevano la guerra
e i bambini correvano per la strada,
scalzi
e le loro scarpe,
sepolte sotto le macerie e sotto la polvere e sotto
le vite che non hanno più uno scopo.
E gli uomini partono marciando
e tutti applaudono e urlano
e non tornano
e se anche tornano, alla fine non tornano
Partono pieni e tornano vuoti,
e nessuno è più ad aspettarli;
perché le scarpe dei bambini sono vuote
e sono nere,
nere di cenere e fango
e camminiamo sugli scheletri di chi credeva
di combattere per tutti, ma combatte per
nessuno.
Gli uomini facevano la guerra,
e gli uomini la fanno ancora.
E mi colpisce la paura che siamo sempre gli
stessi, che in fondo nulla cambia mai:
e le scarpe rimangono vuote,
e i bambini corrono scalzi,
e i bambini muoiono scalzi.
Arianna Roetta
Sitografia
- https://www.google.com/url?q=https://www.avvenire.it/amp/mondo/pagine/lybia&usg=AFQjCNEn3pCsXeL_2E2EZi08FgR7IDRvFw
- https://instagram.com/storiedallaltromondo?igshid=s0puiieq0vtg
____________________________________________
Tutt'altro che distopia
di Lamià Ibrahimi 3T e Doaa El Bahlouli 2U
Care lettrici e cari lettori, vi diamo il benvenuto nel nuovo anno.
Siamo due semplici ragazze che frequentano la scuola superiore Galileo Galilei di Ostiglia, in provincia di Mantova, due semplici ragazze che vorrebbero migliorare il mondo passo per passo, due semplici ragazze che però non hanno ancora nulla in mano e che quindi possono solo scrivere e parlare.
Perciò abbiamo sentito il bisogno di raccontarvi un po’ i nostri pensieri sulle cose terribili e spaventose che stanno succedendo nel mondo, alle quali nessuno si aspettava di assistere nel 2020. Ispirate dalla “poca ispirazione” che il Sistema ci ha lasciato, abbiamo voluto esternare ciò che più ci turba nel profondo.
Solitamente gli anni nuovi vengono inaugurati dai tradizionali buoni propositi: quest'anno in apparenza sembra che la gente, invece, abbia preferito dare più attenzione a piccoli particolari futili, che hanno sostituito l'interesse etico che una persona normale dovrebbe avere nei confronti di ciò che la circonda. Ci siamo concentrati sulla “divertente” ripetizione delle cifre nella data 2020, ed abbiamo preferito scorrere i social per andare alla ricerca della parola dell'anno 2019, invece di aprire gli occhi e concentrarci su quel che è la cruda e fredda realtà.
In sintesi, sembra che il Sistema voglia distrarci dalla vita reale. Basta un nuovo film al cinema o l’uscita di un nuovo I-Phone per dimenticare la fame e le guerre nel mondo: serve davvero così poco per smarrirsi in un mondo - materiale sì- ma così poco concreto?
Dunque, aggiorniamoci: cosa sta succedendo in questo inizio 2020? Dalle fiamme e i roghi, all'acqua in eccesso o in siccità, ai virus mortali, ai campi di concentramento, fino ad arrivare a una possibile “terza guerra mondiale”.
Ma, in fondo, noi tutti sappiamo queste cose, basta guardare i telegiornali per rimanere informati su quel che succede nella vita reale.
Il vero problema sta nel fatto che noi esseri umani, finché l’avvenimento non ci tocca da vicino, non stiamo a pensarci più di tanto. Tutto dovrebbe esserci riferito in modo oggettivo, ma spesso così non è, in quanto i media vogliono dirci solo il minimo indispensabile: serve allora qualcun altro che rifletta al nostro posto.
Per esempio, siamo a conoscenza di ciò che è successo in Amazzonia l’anno scorso, gli incendi, la stessa cosa si è ripetuta a giugno dello stesso anno dall’altra parte del mondo, in Australia. Ma siamo anche a conoscenza del fatto che usare il verbo al passato sia sbagliato?
Alla fine non è poi così ovvio sapere che quel che “è successo” persiste ancora, infatti gli incendi sono tuttora attivi. Se consideriamo anche eventi che spesso vengono sottovalutati o addirittura messi da parte come lo scioglimento dei ghiacciai (conseguenza: innalzamento del livello del mare) o la siccità nei paesi dell’Africa subsahariana (conseguenza: uomini donne bambini morti in povertà e di malnutrizione), ci rendiamo conto che quella degli incendi è solo una piccola parte dei problemi ambientali di cui il mondo dovrebbe preoccuparsi.
Negli ultimi venti-trent’anni, l'umanità va fiera di un certo fenomeno chiamato Globalizzazione, un fenomeno per il quale il mondo intero è messo in comunicazione grazie alle innovazioni in ambito tecnologico. Ma questa globalizzazione di cui tanto si parla dov'è quando si tratta di portare acqua e cibo a chi ne ha bisogno? E quando invece il mondo va in fiamme? La risposta è semplice ma tremendamente triste: la verità è che, quando non si tratta di guadagno e soldi, la globalizzazione sembra immediatamente arretrare all'epoca dei dinosauri.
Perché gli incendi che il 2019 ha subito, sommati agli incendi che questo nuovo anno continua a sopportare, saranno difficili da spegnere anche con l'utilizzo dei Canadair… Ma pensandoci bene potremmo chiederci: “siamo arrivati sulla luna, e oggi siamo in grado di creare intelligenze artificiali che ci tengono compagnia, ma ancora non siamo in grado di spegnere un incendio prima che 18 milioni di ettari vengano interamente ridotti in cenere?” (8MLN Australia, 12MLN Amazzonia). E non si parla purtroppo solo di terre, di ecosistemi devastati, ma si tratta anche di vittime umane. L'effetto di tutto questo? Un pianeta soffocato sotto nubi dense di CO2.
Non essendo abbastanza tutto ciò, presi da un attacco di avidità non ci siamo “accontentati” solo di un ecosistema che va in rovina, abbiamo ritenuto giusto diventare noi stessi la nostra rovina.
E' un argomento delicato, e si spera sia per tale motivo che sui telegiornali e sui media se ne senta parlare così poco... si tratta di un deja-vu di alcuni, e dell'incubo di altri. Ci hanno sempre insegnato che la storia insegna, ma a quanto pare dove c'è ignoranza anche la morale più giusta è presa per sbagliata. Avete mai sentito parlare di contrabbando di persone e campi di concentramento?
Ebbene sì, avete letto giusto...
Contrabbando di persone e campi di concentramento, nel 2020! Si tratta di vite umane che vengono private di ogni valore, persone che sono rese oggetti di fronte al mondo intero, di fronte alle loro stesse famiglie, di fronte ai loro stessi figli...
La Libia è un paese di passaggio verso il Mediterraneo, ed è in questa terra di mezzo che alcune persone vivono situazioni spregevoli e disumane. Quello che succede in Libia è qualcosa di davvero vicino a noi, ma che viene spesso ignorato dai Mass media. Bani Walid è un centro di detenzione informale, in mano alle milizie libiche. Questi centri di detenzione sono governati dalle autorità di Tripoli, dove i detenuti sono sotto la “protezione” di quest’ultima, pagata dall’Ue e dall’Italia. In questi centri in realtà le condizioni di vita non sono buone: il cibo è scarso, i detenuti mangiano un pane al giorno, bevono un bicchiere di acqua sporca a testa e i bagni non ci sono; inoltre non c’è nessuna assistenza medica. A testimoniare delle condizioni critiche bisogna sapere che dei sessantasei prigionieri rinchiusi a Bani Walid, in due mesi ne sono morti sei.
E i soldi che l’Onu invia per il sostentamento dei profughi? Quanti raggiungono veramente l’obiettivo? Cinquanta denari al giorno dovrebbero essere dedicati al mantenimento di un migrante, di questi però ne vengono utilizzati solo due. Quindi dove finiscono i restanti soldi? Beh c’è da sapere altro. Molto spesso vere e proprie organizzazioni criminali gestiscono un crudele contrabbando di persone, senza che le autorità preposte, che dovrebbero garantire protezione, intervengano. Le autorità infatti camuffano i criminali sotto la propria ala corrotta che purtroppo viene sostenuta economicamente a sua volta dall’ingenuità dell’Ue e quindi dell’Italia.
Le persone vengono rapite, torturate, a volte violentate, dopo di che vengono contattate le loro famiglie ed allora inizia il contrabbando. Dei criminali chiedono alla famiglia del prigioniero un riscatto in denaro, ovviamente cifre esorbitanti che i cari della vittima non possono permettersi, il sequestro di persona a volte quindi non ha buon fine. Questo lato della medaglia che in pochi conoscono, persiste ed esiste anche in altri paesi, proprio per questo la situazione si presenta molto grave. Inoltre è oltraggioso pensare che proprio il nostro paese abbia contribuito a questo brutto scenario di crudeltà. Un altro orrore di cui in pochi sanno l'esistenza sono i nuovi campi di concentramento cinesi... stesso scopo di quelli di Hitler, diversi “ospiti” detenuti.
La Cina deporta nei campi di concentramento gli Uiguri, minoranza dell’etnia di religione islamica, nella regione dello Xinjiang. Questi centri nati come “centri di formazione professionale volontaria” in realtà sono veri e propri centri di detenzione dove gli Uiguri sono torturati sia fisicamente che psicologicamente in quanto sono costretti a mangiare carne di maiale, a bere alcolici (pratiche vietate dalla religione islamica), a elogiare il partito comunista e non essendo ancora abbastanza vengono uccisi se non accettano di convertirsi a un'altra religione. In caso di conversione, i detenuti non sono comunque autorizzati ad andarsene ma vengono trasferiti in un altro livello dei campi. E com'è arrivata a noi questa notizia?
Secondo ciò che sappiamo una ragazza americana di nome Feroza Aziz sarebbe riuscita ad aggirare il sistema di censura di un noto Social cinese (Tik-Tok); così facendo ha finto di fare un video di make-up ed è riuscita a parlare in modo specifico dei campi di concentramento in Cina e di ciò che succede all'interno di essi.
In base ai pochi dati a cui siamo riuscite a risalire sono più di un milione gli Uiguri internati, per cui questa è la più grande incarcerazione di massa di una minoranza etnico-religiosa dalla seconda guerra mondiale. Vogliamo quindi aspettare che la cifra si approssimi ancora ai sei milioni di vittime di settantacinque anni fa? Perché così sembra che l’ONU la pensi... dato che si è limitata ad accettare il suo fallimento... Pare infatti che un tentativo da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ci sia stato ma che oltre a questo non abbia compiuto altri sforzi. Per il momento i diritti umani non vengono ancora rispettati e il genocidio continua...
A questo punto si può anche insinuare che la cosa non tocca tutti... ma così facendo si entra totalmente nel torto, poiché l'indifferenza è ciò che lascia il potere nelle mani di chi vuol fare marcire ciò che rimane del mondo.
Non serve a niente sapere che siano ebrei o musulmani, neri o bianchi: si tratta sempre di esseri umani, persone innocenti che dovrebbero avere il diritto di vivere come una persona umana necessita e sceglie, e non come altri vogliono. E se questo è solo ciò di cui siamo a conoscenza, ci mette i brividi pensare a quello che accade di cui davvero nessuno sa niente. Purtroppo, da brave sedicenni, sappiamo bene di non poter fare niente, sappiamo bene che niente è nelle nostre mani, né nelle mani di chi leggerà questo articolo. Semplicemente, infastidisce che le persone che davvero avrebbero potuto o che possono fare qualcosa non l’abbiano ancora fatta.
Ci avvaliamo del fatto, quindi, che appunto da brave sedicenni senza alcuna censura, possiamo parlare per chi non può farlo. E se le cose continuassero ad andare avanti in questa maniera? Speriamo davvero che questo articolo non venga ritrovato come il diario di Anna Frank! Non vogliamo diventare una fonte storica, vogliamo essere una scintilla che accende la luce in ciò che è ignoto. Vogliamo anche che questo articolo un giorno venga dimenticato, perché ciò che contiene apparterrà ad un passato finito, che è diventato un futuro più limpido e felice.
GENNAIO 2020
“Adolescenti in viaggio” è la nuova rubrica di Carpe Diem, il giornalino del Galilei: perché siano direttamente le ragazze e i ragazzi che popolano e animano la nostra scuola a raccontare del loro mondo, di ciò in cui credono e delle loro disillusioni, di sogni e desideri, del disagio, che cominciano a sperimentare tra i banchi di scuola, e dell’amore. Abbiamo scelto di dedicare la prima puntata alla Poesia: per sfatare subito il mito dei nostri giorni secondo cui la nuova generazione è costituita unicamente da ragazze e ragazzi che vivono con superficialità,appiattendosi sull’uso di nuove tecnologie e nuovi paradisi artificiali. I ragazzi e le ragazze del Galilei sono vivi, sentono in profondità e scrivono poesie, interrogandosi con coraggio sui chiaroscuri del proprio mondoMinteriore e sulle contraddizioni del mondo esterno.
Buon (primo) viaggio!
DICEMBRE 2019
La Tuscia viterbese: dalla storia alla tavola
Di Azzurra Manzalini 3LF
La Tuscia è un’area corrispondente all’attuale provincia di Viterbo , nel Lazio, famosa per la sua storia, la sua cultura, le tradizioni e i suoi paesaggi. E per la gustosa cucina!
Un po’di storia…
Sappiamo che tutto il territorio fu fondato dagli Etruschi, una popolazione che dapprima dominò l’Italia centrale fino ad estendere i confini alle regioni centro-settentrionali e a quelle meridionali come la Campania.
Essi hanno posto come capitale Tarquinia, secondo comune più popoloso dopo Viterbo e sede della necropoli etrusca, anche perché fu legata ai due Tarquini che salirono al trono all’epoca della Roma monarchica: Tarquinio Prisco e Tarquinio il Superbo.
In seguito alla battaglia di Sentino del 295 a.C., molte città caddero sotto il dominio di Roma, tra cui anche la stessa Tarquinia.
Fra i tanti eventi che si sono verificati in Tuscia durante il Medioevo ricordiamo la donazione di Sutri, cioè la donazione del castello comunale voluto dal re longobardo Liutprando a Papa Gregorio II, che ha costituito il primo nucleo del Patrimonio di San Pietro, avvenuta nel 728; l’incontro fra il papa Adriano IV e Federico Barbarossa sul lago di Monterosi (detto anticamente Janula) nel 1155 per l’incoronazione di quest’ultimo a imperatore.
Per quanto riguarda la Tuscia pontificia, Viterbo ebbe maggiore importanza perché ospitò otto Papi, tra cui Alessandro IV e Clemente IV, ed è anche dove si fece il primo Conclave della storia della Chiesa cattolica tra il 1268 e il 1271.
Oltre a Viterbo, anche Montefiascone fu meta di soggiorno dei Papi, in quanto possedeva la monumentale Rocca dei Papi, situata sul punto più alto della cittadina.
Tra il XVI e il XVII secolo ci furono i Farnese, una dinastia che governò l’allora Ducato di Castro fino alla distruzione di Castro stessa.
Tra i membri della famiglia spiccò Alessandro Farnese, nato proprio in queste terre, più precisamente a Canino nel 1468 ed eletto papa nel 1534 con il nome di papa Paolo III. Fu lui a convocare il Concilio di Trento nel 1545 per contrastare la Riforma Luterana. Morì a Roma il 10 novembre 1549.
Nel 1861, anno dell’Unità d’Italia, tutta la provincia venne inglobata in quella di Roma, e così Viterbo perse la qualifica di capoluogo.
Bisognò attendere il 1927, quando Mussolini ridisegnò le circoscrizioni territoriali e venne istituita così la nuova provincia sempre con Viterbo come capoluogo.
…geografia…
Le principali città della Tuscia sono:
- Viterbo, il capoluogo, definita da secoli la città dei Papi, famosa per le sue terme dal punto di vista turistico e per essere sede di alcune importanti scuole da quello militare
- Montefiascone, definita la perla dell’Alto Lazio, meta di villeggiatura per i primi decenni del Novecento. È il comune più alto della provincia, superando i 600 metri nella zona del Belvedere. È famoso per la produzione del vino DOC Est! Est!! Est!!!
- Vitorchiano, famoso sia per essere soprannominato “il borgo sospeso”sia per essere terra fedele a Roma da oltre 700 anni
- Bagnoregio, celebre per aver dato i natali a san Bonaventura.
- Acquapendente, importante tappa della Via Francigena, chiamata anche con il nome di “Gerusalemme d’Europa”perchè si dice che il Sacello di Santo Sepolcro riproduca il Santo Sepolcro di Gerusalemme
…curiosità locali…
- A Calcata non prendono cellulari e non ci sono le reti wi-fi
- Civita, una frazione di Bagnoregio, è chiamata “ la città che muore”per via dell’erosione del tufo su cui è posta. Inoltre vi si accede attraverso un ponte pedonale lungo 300 metri
- Celleno è soprannominata la “città fantasma”a causa di smottamenti che obbligarono la popolazione a trasferirsi in un luogo più sicuro a 1,5 km da quest’ultima in seguito ad una ordinanza del Capo dello Stato Luigi Einaudi emessa nel 1951.
- Si dice che un ragazzo, il pastore Marzio, partì dalla sua città, Vitorchiano, per dare una notizia allarmante a Roma: l’esercito etrusco stava marciando verso la capitale. Allora Vitorchiano, essendo comune confinante con Viterbo, ricorse a Roma per mantenersi libera. Nel 1233 Roma fu aiutata da Vitorchiano per sconfiggere i Viterbesi e la gratificò del titolo di “fedele di Roma”. Da allora il Senato decise che ogni anno venissero mandati 10 vitorchianesi a presidiare il Campidoglio. Essi presero la denominazione di “Fedeli di Vitorchiano”.
- La Tuscia è anche una terra di cinema, seconda solo a Roma per aver ospitato tanti film e serie tv, come ad esempio il Maresciallo Rocca, girata a Viterbo e andata in onda tra il 1996 e il 2005.
…e finalmente la cucina!
Tra le paste molto famose figurano i lombrichelli alla vitorchianese, un piatto tipico del comune di Vitorchiano. Essi non hanno il buco e assomigliano ai bigoli.
Ingredienti
- 500 G DI FARINA 00
- ACQUA Q.B.
- SALE Q.B.
Procedimento
Su una spianatoia prepariamo una fontana di farina ed al centro versiamo l’acqua e un pizzico di sale.
Lentamente uniamo gli ingredienti finché non otteniamo una massa omogenea e che non si attacchi alle dita.
Preleviamo dall’impasto dei pizzicotti di pasta e con le mani lavoriamoli uno ad uno, ricavando dei lombrichelli del diametro di 3-4 mm e di lunghezza di circa 15 cm.
Lasciamo asciugare i lombrichelli per qualche ora prima di metterli a cuocere in una pentola con abbondante acqua salata in ebollizione.
I vostri lombrichelli sono pronti per essere conditi con il ragù di carne o con l’amatriciana.
Nei secondi piatti non mancano mai pesci dei laghi di Vico e di Bolsena, come il celeberrimo coregone alla bolsenese. Il coregone ha un colore argentato con dei riflessi verdi ed azzurrini sui fianchi, mentre è quasi totalmente bianco nel ventre.
Ingredienti
- Due coregoni da 700 g circa
- aceto
- olio extravergine d’oliva
- fiori di finocchio seccati al sole
- aglio
- salvia
- sale
- pepe
Procedimento
Scegliere un coregone grande o due più piccoli, pulirlo accuratamente all’esterno portando via le scaglie, sventrarlo gettando via le interiora, quindi aprirlo delicatamente dopo aver eliminato la testa, cercando di togliere la spina centrale.
Lavarlo per bene e disporlo in una teglia da forno immerso nell’aceto insieme con due o tre spicchi di aglio interi, alcune foglie di salvia, sale e pepe (alcuni usano al posto della salvia, i fiori di finocchio selvatico secco).
Introdurlo nel forno caldo e lasciarlo cuocere fino ad esaurimento dell’aceto; quindi disporre il pesce in un piatto da portata, condirlo con una giusta quantità di olio extravergine di oliva e servirlo caldo.
Tra i dolci tipici sono presenti anche le frittelle, simili alle crepes. Vengono preparate in occasione del Carnevale viterbese. C’è un detto in dialetto che dice: “Le fregnacce so’ bone calle o ghiacce” (le frittelle sono buone sia calde che fredde)
Ingredienti:
- Farina di grano
- Sale
- Olio d’oliva
- Formaggio
- Uova e latte (facoltativi)
Procedimento
In una scodella mescolare acqua fredda e farina, aggiungendo anche un pizzico di sale (per renderla più nutriente, ma meno leggera, puoi aggiungere anche uova e latte) fino a che non si forma una pastella.
Lasciare riposare per un paio d’ore.
Prendere una padella e versare un cucchiaio d’olio, quanto basta per ungerla e farla riscaldare.
Per rendere il tutto più saporito puoi ungere la padella usando della cotica di maiale.
Quando l’olio sarà ben caldo, spandere velocemente un cucchiaio di pastella in modo che si crei uno strato molto sottile, ma sufficiente da non non rompersi. Una volta che questa “sorta di pizza“ si è cotta da un lato, occorrerà girarla girala dall’altro lato e farla cuocere per qualche secondo.
Una volta che entrambi i lati sono cotti al punto giusto,disporre la pizzaccia su di un piatto e spolverarla con del pecorino (oppure con dello zucchero, se la si vuole fare dolce).
A questo punto il fritteloneè pronta da gustare.
Questo piatto tipico viene chiamato con nomi diversi a seconda del paese in cui viene preparato, come ad esempio si chiamano “friccolose” a Vallerano, “stracci” a Montefiascone e Tuscania, “bertolacce” a Corchiano, e così via.
E ora buon appetito con questi piatti deliziosi!
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Dentro e dietro un carrello della spesa
Da la classe 2^U
I motivi che ci hanno spinti a svolgere una ricerca sui prodotti alimentari, per l’igiene personale e di uso domestico presenti nelle nostre case sono diversi:
innanzitutto, grazie a questa ricerca, abbiamo scoperto l’esistenza di multinazionali che hanno assorbito molte aziende un tempo italiane (ad esempio la Perugina, famosa per i suoi dolci “baci”).
In secondo luogo, siamo stati in grado di approfondire i comportamenti di queste multinazionali, le quali, spesso, non sono corrette nei confronti dell’ambiente, degli animali, dei lavoratori e del terzo mondo.
Infine ci siamo interrogati su come assumere atteggiamenti adeguati per un consumo consapevole: infatti, se vogliamo salvare noi stessi e il nostro pianeta, dobbiamo necessariamente imboccare la strada della sobrietà e del consumo critico, che ci permettono di tracciare una linea tra bisogni reali e bisogni imposti. A questo proposito, è ormai chiaro che sia possibile recuperare e riutilizzare molti oggetti attraverso il riciclo e che sia importante coinvolgere in questo i servizi pubblici, come ad esempio le scuole.
Inoltre, fare la spesa è un gesto quotidiano di portata planetaria, dietro al quale si nascondono problemi di carico sociale e politico. Abbiamo ad esempio analizzato il tenore di vita di un abitante del nord del mondo, messo a confronto con quello di un abitante del Sud. Ebbene, si è scoperto che se tutti gli abitanti della Terra consumassero quanto consumano gli abitanti del Nord, servirebbero altri sei pianeti da utilizzare come fonte di materie prime.
La prof Buzzola (Geo-Storia) ci teneva particolarmente a queste lezioni sul consumo critico perché capissimo che a volte, quando acquistiamo prodotti all’apparenza italiani, stiamo in realtà comprando da aziende straniere e scorrette.
Sarebbe perciò opportuno comprare dalle piccole aziende locali, in modo da sostenerle ed allo stesso tempo disporre di prodotti a chilometro zero.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
SVOLTA NELLA LOTTA AL DIABETE
Di Federico Benetti 4AT
Al giorno d’oggi esistono diverse tecnologie con i più svariati utilizzi e che spaziano in molti campi. In particolare, vogliamo parlare di una nuova scoperta fatta in campo medico: un nuovo farmaco per combattere il diabete.
Anzitutto, cos’è il diabete? Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di un alto livello di glucosio nel sangue dovuta a un’alterata quantità e funzione dell’insulina. Questa è un ormone prodotto dal pancreas che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno.
Esistono diversi tipi di diabete:
- Diabete di tipo 1: riguarda circa il 10% delle persone con diabete e in genere insorge nell’infanzia o nell’adolescenza. In questo caso il pancreas non produce insulina a causa della distruzione delle cellule ß che producono questo ormone. La velocità di distruzione delle ß-cellule è, comunque, piuttosto variabile, per cui l’insorgenza della malattia può avvenire rapidamente in alcune persone, solitamente nei bambini e negli adolescenti, e più lentamente negli adulti. La causa del diabete di tipo 1 è a tutt’oggi sconosciuta, ma si è notato che è caratteristica la presenza nel sangue di anticorpi diretti contro antigeni presenti a livello delle cellule che producono insulina.Per questo motivoil diabetedi tipo 1 viene classificato tra le malattie cosiddette “autoimmuni”, cioè dovute a una reazione immunitaria diretta contro l’organismo stesso. Si suppone che le sue cause possano essere di tipo ambientale o genetico.
- Diabete di tipo 2: è la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. Purtroppo anche per questo tipo la causa è ancora ignota, anche se è certo che il pancreas è in grado di produrre insulina, ma le cellule dell’organismo non riescono poi a utilizzarla. In genere, la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi fattori di rischio sono stati riconosciuti associarsi alla sua insorgenza. Tra questi: la familiarità per diabete, lo scarso esercizio fisico, il sovrappeso e l’appartenenza ad alcune etnie. Riguardo la familiarità, circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia;
- Diabete gestazionale: viene definita così ogni situazione in cui si misura un elevato livello di glucosio circolante per la prima volta in gravidanza. Questa condizione si verifica nel 4% circa delle gravidanze.
Fino ad oggi l’unico modo per evitare i problemi che la malattiaprovoca era fare delle iniezione di insulina fino a tre volte al giorno volta per tutta la vita. Adesso però le cose sono cambiate grazie al farmaco “Semaglutide”, un antagonista del recettore del Glp-1, che deve essere iniettato soltanto una volta alla settimana tramite una penna pre-riempita e non necessariamente in corrispondenza dei pasti.E’ molto importante dire, inoltre, che questa medicina non è a pagamento, ma offerta dal Sistema Sanitario Nazionale. Funziona però solo con il diabete di tipo 2.
Agostino Consoli, professore di Endocrinologia presso l’Università degli Studi G. D’Annunzio Chieti-Pescara spiega: “Il Glp-1 è un ormone fisiologico che svolge molteplici azioni nella regolazione del glucosio e dell’appetito, nonché nel sistema cardiovascolare. Semaglutide è un analogo del Glp-1, omologo al 94% a quello umano, le cui modifiche strutturali consentono la somministrazione settimanale.”
Questo probabilmente è solo il primo passo verso una cura definitiva per il diabete, ma intanto tutti coloro che soffrono di questa malattia possono cominciare a preoccuparsene un po’ di meno.
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
L'oroscopo del Galilei
Testo a cura di Elisa Viviani 5U, disegni di Irene Ragazzi 1U
______________________________________________________________________